La celebre azienda agricola mugellana è tuttora sede di un magnifico allevamento in linea vacca-vitello e in regime biologico. Portato avanti con orgoglio e professionalità da Umberto Borgioli
di Alessandro Amadei
“Una volta Adriano mi disse: visto che i bovini non ti interessano, tu pensa a cosa vuoi fare degli immobili. Invece, da quando babbo è mancato, sto provando a mandare avanti anche l’attività zootecnica”. Eccoci a Borgo San Lorenzo, ospiti della “mitica” Tenuta Valdastra.

Di fronte a noi Umberto Borgioli, nipote di Giorgio, il notaio-cacciatore che acquistò questi terreni per farne una riserva di caccia, e figlio di Adriano Borgioli, il fondatore dell’azienda agricola a cui si devono – ma solo per rimanere in ambito aziendale – il primato dell’attività agro-zootecnica e lo sviluppo del super-blasonato allevamento di Limousine in linea vacca-vitello. “Questa razza – ci fa notare il nostro interlocutore – giunse in azienda a metà degli anni ’80, in sostituzione della mandria di 100-120 capi di razza Bruna, sfruttati per la duplice attitudine e che venivano allevati in modo estensivo, e cioè al pascolo e con scarso apporto di manodopera. Entrambe caratteristiche che sono rimaste anche con la successiva specializzazione dell’azienda nella produzione di carne, vista l’attitudine della Limousine al pascolamento e alla facilità di parto, e quindi alla scarsa necessità di accudimento e cure da parte del personale”.

Così, dopo alcuni viaggi di Adriano in Francia (“mi rivedo ragazzino, al seguito di mio padre, prima al Salone dell’agricoltura di Parigi e poi a Limoges”) fa il suo ingresso in azienda il primo nucleo di manze dal mantello rosso. “Ma non mancò l’acquisto di alcuni capi di razza Charolais e Blonde d’Aquitaine. Alla fine, però, la Limousine fu eletta da mio padre come la razza su cui sviluppare la zootecnia in Valdastra”.

Bio per vocazione
Negli anni successivi, oltre al progressivo irrobustimento della mandria di Limousine, l’azienda continuò svilupparsi nel segno della multifunzionalità e del mantenimento della biodiversità grazie all’inserimento di un gruppo di pecore Suffolk e di alcuni cavalli di razza Caitpr, nonché all’impianto del vigneto – da cui il vino di casa, tuttora denominato “Bo-Vino” – e dell’uliveto, da cui il “Borgiolio”.
“Ma la seconda tappa storica importante dopo la scelta della Limousine – continua Umberto – fu l’acquisto negli anni ’95-’96 del podere di Lutiano, che determinò il primo, deciso incremento della superficie dedicata a seminativi e, in seguito, a ortaggi. Da quel momento, tra terreni acquistati o presi in affitto, gli ettari a nostra disposizione hanno sempre continuato a crescere”. Il passaggio al biologico avvenne invece nel 1998, e riguardò sia i seminativi che la mandria di Limousine. “Per quanto la commercializzazione di animali da vita sia sempre stata l’obiettivo principale, fu allora che decidemmo di metterci a produrre carne biologica. Una scelta in controtendenza, qui nel Mugello, ma presa sulla scia della conversione fatta dalla Cooperativa Emilio Sereni, poi integrata in Agriambiente.

Nell’animo, però, eravamo già biologici: Adriano aveva una grande passione per la ruralità, ma non era assolutamente fissato con le performance, né in stalla né in campagna. Da questo punto di vista non posso dargli torto, anche se il mio è un approccio decisamente più calcolato e meno passionale. Passo intere giornate sui fogli di Excel, e mi sono fatto l’idea che la produzione di carne sia comunque un’attività a bassa marginalità (motivo per cui, del resto, i contributi europei non sono affatto trascurabili). In questo settore, produrre quel qualcosa in più richiede investimenti ingenti e del tutto sproporzionati rispetto al risultato economico che è possibile ottenere. Ecco perché, a mio parere, alla fine non conviene calcare troppo la mano sulle prestazioni. Qui da noi l’unica vera alternativa per valorizzare la produzione di carne potrebbe essere la vendita diretta e l’attività di ristorazione, ma sia io che mia sorella Ilaria, anche lei socia dell’azienda agricola, non avremmo il tempo di seguirla: mia sorella è di professione avvocato ed è madre di famiglia, mentre personalmente, oltre ai bovini, seguo immobili, rinnovabili e le altre produzioni aziendali, prima di tutto quella orticola che qui in Valdastra viene subito dopo la zootecnia ed è curata da un socio specializzato”.

Passaggio generazionale
La buona notizia, però, è che oggi la mandria di Limousine è stabilmente al centro delle attenzioni di Umberto: “alla morte del babbo – precisa il diretto interessato – ero estraneo all’attività zootecnica, per cui mi ci è voluto un po’ di tempo per impratichirmi e riuscire a relazionarmi con il personale addetto. In questo lasso di tempo diversi capi sono invecchiati e sono stati quindi riformati, ma adesso l’obiettivo è ritornare presto ai 500 capi, che è l’effettivo potenziale commisurato alle nostre strutture. Dopodiché non andremo oltre, ma punteremo piuttosto a ottimizzare la gestione della mandria e a spingere l’acceleratore sul benessere animale, sperando naturalmente che le scelte politiche ci permettano di continuare con il biologico. Il tutto per far sì che la stalla non solo si autosostenga, ma dia anche quel po’ di marginalità”.

Rispetto ai tempi di Adriano, però, qualche piccola novità ha già fatto capolino nelle stalle e nei pascoli della tenuta: ecco, ad esempio, le Pezzate Rosse, scelte (in allevamenti biologici) per la loro docilità e al fine di mettere sotto balia alcuni vitelli Limousine. “L’acquisto del primo nucleo di 5-6 Pezzate Rosse risale al 2023; successivamente le abbiamo riprodotte in purezza, per cui i figli maschi sono stati ingrassati, mentre le femmine sono state tenute per la rimonta, come future balie”. Altro esempio, la presenza in azienda di una ventina di Chianine “che risale – segnala Umberto – ad alcuni anni fa, quando venne sciolta la Società il Giogo, a cui aderì anche mio padre. Ebbene, dal 2022, da quando, cioè, sono crollati i prezzi dei ristalli, abbiamo iniziato a ingrassare in azienda i maschi nati in stalla, così come al- cune manze. Parlo sia di capi in purezza che di incroci”.

Ritorno alle origini
Parlando di fecondazioni, il pensiero ritorna alla Limousine e alle strategie riproduttive utilizzate in azienda. “Mio padre aveva completamente abbandonato la FA, che invece viene attualmente praticata sul 10-15% delle fattrici con l’obiettivo di migliorare le qualità materne e in particolare la produzione di latte. A questo fine, utilizziamo quindi del seme sessato femmina. Su tutto il resto della mandria sfruttiamo, invece, i nostri torelli”. Anche in quest’ultimo ambito c’è però da registrare una piccola novità: “dopo aver fatto largo ricorso alla genetica francese, danese e britannica – conclude infatti Umberto – negli ultimi anni mio padre preferiva acquistare torelli italiani, al punto che l’intera mandria era targata IT. Non avendo la sua esperienza e competenza ho sentito però il bisogno di riprendere qualche contatto con la genetica estera, senza tuttavia perdere di vista quanto può offrire la selezione nazionale”. Ecco perché con Umberto ci siamo poi ritrovati ad Agriumbria, sul ring della mostra nazionale dell’Anacli.

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