Gestione mandria
Il clima cambia, sei pronto a cambiare piani colturali?
La famiglia Osella di Racconigi (Cn) lo ha fatto e si è trovata bene. Più latte, più raccolto e più indipendenza sotto il profilo alimentare. E anche qualche migliaio di euro in più di utile nel bilancio aziendale
L’evoluzione della specie non è solo figlia dell’adattamento alle nuove condizioni ambientali, ma nasce anche da chi è capace di pensare fuori dagli schemi. Tema delicatissimo nel mondo agricolo e zootecnico, perché nella testa di molti “se si è sempre fatto così, un motivo ci sarà”.
In realtà molte radicate tradizioni potrebbero presto dover essere messe in discussione a causa delle nuove condizioni climatiche che stanno caratterizzando il Pianeta e ci sono già allevatori, come i protagonisti di questa storia, che hanno deciso di ridurre drasticamente la produzione di mais da trinciato a favore di nuovi piani colturali e di puntare su risorse foraggere capaci di offrire fibra altamente digeribile, nonché tanta proteina ed energia per kg di sostanza secca.
Un cambio di paradigma che la famiglia Osella di Racconigi (Cn), proprietaria della Cascina Cittadella, ha deciso di affrontare con la consulenza congiunta di ABC (AgriBusiness Consulting), la spin off dell’Università di Torino e di Ara Piemonte, che stanno proponendo agli allevatori innovative soluzioni gestionali, adattate alle singole realtà aziendali.
Tre generazioni di Osella a confronto
Tradizione di famiglia
La loro è una “tradizionale” famiglia di allevatori, che da sempre ha avuto vacche, iniziando dal bisnonno, a fine '800 con le Piemontesi, che all’epoca fornivano carne, forza lavoro e latte. Il nuovo corso con la Frisona inizia invece nel 1988, dopo aver acquistato in Germania le prime manze, una scelta che nel giro di 8 anni porterà alla costruzione di una nuova stalla. Una stalla normale, con un piano colturale normale e una mandria del tutto normale. Poi arriva in stalla l’ultima generazione di Osella, rappresentata da Andrea, che entra in stalla nel 2014, e da suo fratello Simone, che tre anni fa chiude con un’altra attività e decide di partecipare all’impresa di famiglia. E con loro si inizia a mettere in discussione il “passato”, visto che le performance della campagna e della stalla iniziavano a non essere più in linea con le loro aspettative di giovani imprenditori.
Crescita concreta
Se guardiamo agli ultimi 5 anni, la mandria aumenta di una ventina di capi, passando dalle 80 alle 105 vacche, ma soprattutto aumenta di 5-6 litri la produzione giornaliera media per capo, con lattazioni attuali che superano i 117 quintali, con una qualità che permette loro di andare quasi sempre a premio, in sintonia con le tabelle di Fattorie Osella (non sono parenti) a cui vendono il latte.
In breve tempo matura la decisione di rimettere mano all’azienda, partendo dalla campagna, con l’obiettivo di valorizzare sempre più le risorse foraggere disponibili, rendendole sempre più idonee all’alimentazione delle Frisone presenti in stalla. E nel 2021 inizia la collaborazione con Ernesto Tabacco del Forage Team dell’Università di Torino e Luca Bertola, tecnico dell’Ara Piemonte. Il tutto è iniziato in seguito alla buona disponibilità di erba medica prodotta in azienda, ma anche acquistata da aziende vicine, che però con il vecchio nutrizionista che seguiva la stalla non si riusciva mai ad utilizzare al meglio.
Da sinistra: Ernesto Tabacco, Simone e Andrea Osella, Luca Bertola
Cambio di regime
Ad Andrea questa situazione iniziava ad andare stretta e in breve tempo gli Osella iniziano ad affidarsi all’esperienza di Luca ed Ernesto, riducono la superficie destinata a trinciato di mais, spostando la barra dei piani colturali verso la medica e il loietto in primavera. “Già dopo qualche mese – racconta Andrea – le vacche hanno iniziato a produrre più latte, anche senza trinciato di mais, e questo ci ha fatto aprire gli occhi, conquistando anche i più scettici fra i membri della famiglia”. “Il percorso agronomico compiuto dall’azienda – ricorda Ernesto Tabacco - ha riguardato la scelta di colture che consentissero di produrre foraggi caratterizzati da una elevatissima degradabilità della fibra e da una elevata concentrazione di proteina ed energia per kg di sostanza secca, da abbinare al pastone integrale di spiga di mais. Per raggiungere questi obiettivi si è quindi pianificato di investire una parte della superficie aziendale ad erba medica (riducendo la superficie a mais destinato alla produzione di trinciato integrale) e sostituire i cereali vernini con l’erbaio di loglio italico”.
Entrambe le foraggere sono quindi state sfalciate a stadi molto precoci di sviluppo (botticella per il loglio italico e inizio emissione bottoni fiorali per tutti i tagli di erba medica), raccolte mediante trincia-caricatrice semovente e insilate in trincea o in balle fasciate ad elevata densità, in relazione alle modalità e ai tempi di utilizzo pianificati.
Contemporaneamente è stata ridotta la quota di mais destinato alla produzione di trinciato per aumentare la quantità di pastone integrale di spiga, per aumentare la concentrazione energetica del kg di sostanza secca, mentre lo stocco è stato valorizzato per la produzione di insilati da impiegare nell’alimentazione degli animali da rimonta. In questo modo si è potuto produrre più energia e proteina per ogni ettaro coltivato in azienda e ridurre drasticamente il quantitativo di alimenti concentrati acquistati sul mercato. Certo il lavoro non si è semplificato e, praticamente ogni mese si sfalcia, ma sotto il profilo economico e zootecnico l’Iofc è sempre aumentato, segno che il cambio di passo sta dando i suoi frutti. Senza dimenticare che gli Osella sono piuttosto bravi con i foraggi e con le trincee, un aspetto chiave per ottenere il massimo dagli erbai.
Le vacche hanno apprezzato il cambio di regime alimentare, aumentando la produzione media
Gestione del rischio
“Da quando abbiamo cambiato i piani colturali – dice Andrea - produciamo più latte, ma gli acquisti di mangime non sono mai aumentati, segno che le vacche trovano il loro nutrimento non nei concentrati, ma nei foraggi. E questo ci mette al riparo delle dinamiche dei prezzi di mangimi che in alcuni momenti schizzano verso l’alto, senza che gli allevatori possano fare altrimenti”. Un cambio di passo che ha dato all’azienda cuneese la possibilità di acquistare nuova terra, pensare all’installazione del robot di mungitura e, in prospettiva, la costruzione di una nuova stalla. “Il tutto - ricordano Luca Bertola e Ernesto Tabacco - supportato da una analisi economica dei costi e dei vantaggi dei nuovi piani colturali, perché qui non si tratta di credere ciecamente ai consulenti, ma di costruire un percorso insieme, sulla base dei numeri”.
“In realtà – continua Tabacco – nel Cremonese e nell’alto Mantovano una trentina di anni fa, prima del dilagare del trinciato di mais, si seguivano piani colturali simili e quindi siamo consapevoli che questa “rivoluzione verde” sia applicabile in molte aree della Pianura Padana, sia in aziende piccole che grandi, sia in realtà con poca terra che in stalle con ampia disponibilità di terreno. L’approccio è lo stesso, ma il nuovo piano colturale viene solo personalizzato. Il vero problema non è agronomico, ma mentale, perché si ha paura ad abbandonare una strada percorsa da anni, che però oggi inizia a mostrare i suoi limiti. A causa delle piogge di giugno e ai ritardi nelle semine molte aziende lombarde hanno terminato di trinciare il mais a fine ottobre, con risultati che in trincea non sono certo ottimali, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo”.
Diversificare conviene
A casa Osella l’imballatura ad alta densità dei foraggi raccolti aiuta nella gestione delle scorte, garantendo la qualità dell’alimento che finirà in mangiatoia. Un costo ripagato dai positivi effetti sulle performance e sulla salute delle bovine. “Cambia il modo di gestire gli spazi, le trincee, la programmazione delle attività aziendali, ma si ha anche una finestra più ampia nei momenti di raccolta, senza doversi giocare tutto in pochi giorni – conclude Andrea – senza dimenticare il risparmio idrico di un simile piano colturale, un aspetto che oggi non è forse così essenziale, ma che in futuro potrebbe diventare limitante in molte realtà”.
“È un modo per diversificare il rischio – dice Luca Bertola – e mettersi al riparo dai pericoli di una stagione avversa o estrema, consentendo all’azienda di essere davvero più flessibile. Siamo arrivati al paradosso che quest’anno gli Osella hanno ancora del trinciato di mais dell’anno scorso e si stanno interrogando se farne ancora o meno”.
“Dopo un paio di anni di assestamento – interviene Tabacco – in tutte le aziende che seguiamo, si produce più di prima in campo, nell’ordine del 10-15% per ettaro, e si utilizzano meno concimi di sintesi, grazie anche al positivo effetto della medica sul terreno, in sintonia con l’esigenza di ridurre il carico di azoto, uno dei grandi temi che limiteranno il futuro delle aziende agro-zootecniche. Ma è un vantaggio anche sulla sostanza umica, che con questi piani colturali resta stabile o aumenta, senza però mai calare”. La vera difficoltà? Condividere con gli allevatori questo nuovo approccio e renderli partecipi del cambiamento. Perché in fondo, anche se negli ultimi 30 anni si è sempre fatto in un certo modo, c’è caso che cambiare possa portare vantaggi.
È il bello della sostenibilità. Quella vera.