Insilato alle manze, l’attenzione è d’obbligo

Gestione mandria

Insilato alle manze, l’attenzione è d’obbligo

Dare alle giovani bovine le parti di scarto è un clamoroso autogol. Occorre invece utilizzare solo alimenti ineccepibili sotto il profilo qualitativo

 

Alcuni allevatori utilizzano l’insilato nelle diete dei giovani animali. Come in tutte le cose, qualsiasi pratica può rappresentare un’opportunità oppure una minaccia per la salute e per le performance degli animali. Quando si parla di manze si considerano animali in crescita, che per produrre in modo economicamente soddisfacente e ripagare il proprio investimento devono eseguire una crescita accelerata per tappe successive. In tabella 1 sono riportate alcuni di questi importanti momenti e le loro caratteristiche.

 

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Possibili problemi

Andrà considerato che a partire dal terzo mese una manza ha un rumine funzionante, anche se parzialmente prematuro, per digerire in modo efficiente tutti gli alimenti. Si calcola come a 90 giorni di età il volume ruminale rappresenti solo il 65% dell’apparato gastrointestinale di un animale adulto. In una bovina matura tale rapporto sale all’80%.

Inoltre, nella maggior parte dei casi, una manza non riuscirebbe a raggiungere l’ingestione di insilato necessaria ad assicurare il soddisfacimento dei propri fabbisogni proprio a causa del volume limitato dei suoi pre-stomaci. Ciò deriva dal fatto che i nutrienti nell’insilato non sono sufficienti o meglio la loro densità nutritiva per chilogrammo è inferiore rispetto a quella di altri alimenti. Per esempio, rispetto ai mangimi e ad altre materie prime l'insilato contiene molta più acqua.

Un altro aspetto importante è la presenza di acido lattico, che in certi insilati può raggiungere quantità importanti, le quali, in un rumine ancora giovane, possono indurre un abbassamento del pH conducendo a problemi metabolici quali l’acidosi. Le giovani manze non producono infatti una quantità di saliva pari a un animale adulto e questo, unitamente alla minore capacità assorbente della parete ruminale, giustifica un possibile rischio di acidosi, seppure in forma subclinica.

 


Precauzioni da adottare

Quindi come fare? Dovremmo abbandonare l’ipotesi di utilizzare questo prezioso alimento aziendale per i giovani animali? Il punto di partenza dovrà essere una valutazione della qualità del materiale a disposizione. L’insilato ideale dovrà essere di qualità eccelsa: prima di essere incluso nel carro per le manze, esso dovrà contenere il giusto quantitativo di sostanza secca (target 30%) ed avere una densità energetica elevata (2.560 Mcal/kg di SS). Successivamente si dovrà considerare l’appetibilità. Quello che si vuole assolutamente evitare è che i giovani animali abbiano a disposizione un insilato poco appetibile. I principali fattori che possono deprimere l’appetibilità sono riportati in tabella 2. Per assicurare crescite soddisfacenti si dovrà poi integrare l’unifeed con adeguati mangimi per poter compensare le carenze nutrizionali dell’insilato, al fine di coprire i fabbisogni.

 

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Peccati mortali

Preparare un buon insilato è un’arte, e spesso non è semplice. Per chi è nato e cresciuto in campagna è noto come sia difficile, costoso e faticoso produrre i foraggi. Per tale ragione, spesso si è tentati di utilizzare tutto quello che si produce indipendentemente dalla qualità. Un pensiero “velenoso”, ma purtroppo frequente, è quello del riciclo sugli animali non produttivi degli scarti dell’insilato. Purtroppo si ritiene, infatti, che se la qualità non è ottimale o talvolta pessima, sia meglio usare l’insilato per gli animali che non producono ovvero per le manze. Gli allevatori hanno del resto imparato per esperienza che quando somministrano gli scarti del cappello e delle spalle dell’insilato agli animali in lattazione, le bovine li ripagheranno con cali produttivi, stoppini e mastiti. Nelle manze, invece, non essendoci produzione, non c'è problema: diamo pur loro l’insilato avariato così risparmiamo in mangime, che tanto l’insilato, anche se poco buono, lo abbiamo pagato per produrlo.
Purtroppo gli animali non mentono e le manze rallenteranno la crescita aumentando in tal modo il costo fisso della rimonta. Va ricordato come il costo della rimonta sia la seconda voce di costo dopo l’alimentazione in un’azienda che produce latte.

 

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Da una recente sperimentazione è emerso che somministrando alle manze l’insilato di qualità proveniente da trincee coperte con teli a barriera d’ossigeno, migliora nettamente sia il consumo giornaliero di sostanza secca (+9%) sia l’accrescimento medio giornaliero (+12%)

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Ben coperti

Vale pertanto la pena raccogliere un foraggio di qualità e preservarne la qualità se si vorranno ottenere dei buoni risultati zootecnici. In una recente prova (Parra et al., 2020) i ricercatori hanno confrontato le prestazioni di manze alimentate con diete a base di insilati di mais stoccati in silos sigillati con due differenti sistemi:
film di polietilene (bianco su nero, spessore effettivo 121 ± 3,1 μm) che copriva la superficie superiore, tenuta in posizione con file di pneumatici ogni 3 metri;
sistema a barriera all’ossigeno costituito da una pellicola di etilene-vinilalcol (spessore 46,7 ± 2,5 μm) che ricopriva le pareti laterali sopra al quale veniva posizionata una copertura in tessuto anti-UV e sacchi di ghiaia posti sui bordi ed ogni 3 metri attraverso il silo.
Dopo 6 mesi di stoccaggio, i silos sono stati aperti e gli insilati sono stati inclusi nelle diete per le manze. È stata inoltre valutata anche la qualità dell’insilato ottenuto con i due sistemi: l’insilato immagazzinato sotto il sistema a tenuta di ossigeno presentava meno lieviti, muffa e ammoniaca. Inoltre, esso aveva valori più bassi di temperatura, pH, spore anaerobiche, acido acetico, perdita di sostanza secca e maggiore digeribilità in vitro. Non solo: la proporzione di insilato non commestibile era inferiore nel gruppo a barriera di ossigeno rispetto al trattamento di copertura standard (0,82% vs. 4% S.S.). Infine le manze che hanno ricevuto la dieta contenente l’insilato protetto dalla copertura ad ossigeno hanno evidenziato una maggiore assunzione di sostanza secca di circa il 9% (9,39 vs. 10,20 kg/giorno) ed un accrescimento medio giornaliero superiore del 12% (1,08 vs. 1,21 kg/giorno).

 


Conclusioni

Cosa ci sentiamo pertanto di suggerire all’allevatore? L’insilato può essere un utile alleato, ma bisogna accettare la sfida di farlo a regola d’arte e valutare bene, di volta in volta, se la qualità è all’altezza delle aspettative.

Se non si è sicuri di poter gestire tale sistema alimentare, meglio prendere una linea più classica utilizzando paglia, mangime ed acqua nella fase di post-svezzamento e accrescimento. Una buona gestione alimentare e una buona qualità degli alimenti ripagheranno l’allevatore con gli interessi.

 

di Andrea Roberti