Le Brune del Baffo

Massimo Neri, il "baffo" più celebre del mondo zootecnico

Gestione mandria

Le Brune del Baffo

Isabella, Gioia e Massimo. Gente tosta, innamorata perdutamente della Brown e del suo latte. Una piccola realtà molisana molto attenta al rapporto con il consumatore

 

Il “Baffo” nel mondo della Bruna è uno solo. Stiamo parlando ovviamente di Massimo Neri, esperto di razza, gran conoscitore di vacche (e bufale), nonché persona molto amata dagli allevatori per la sua competenza e il suo carattere sempre accomodante. 
In realtà Massimo è un medico mancato (e a sentir lui, molto meglio così) perché ai tempi dell’Università più forte del volere familiare è stato il desiderio di dar vita insieme Isabella Costantini, che sarebbe presto diventata sua moglie, ad un piccolo allevamento dove dar sfogo alla loro passione per gli animali e per la vita in campagna.

Storie di vita

Era il 1975 quando i due decidono di prendere in mano la microscopica azienda di famiglia dei Costantini e di rimetterla in sesto. Seguono anni di lavoro infinito, coronati nel 1985 con l’apertura del caseificio aziendale, che da lì a poco sarebbe diventato il motore della “Azienda agrituristica Costantini” (www.agriturismocostantini.com). Caciocavalli e scamorze i prodotti di punta, fedeli alla tradizione molisana di Rocchetta al Volturno (Is). Il vero problema? Non ce ne sono mai abbastanza per soddisfare una clientela affezionata che svuota la cantina senza sosta.
A presidiare stalla, caseificio e ristorante sono Isabella, moglie di Massimo e la loro figlia Gioia, una campionessa di sci con un promettente futuro davanti a sé, che ad un certo punto della sua carriera ha dovuto scegliere se continuare con l’agonismo e trasferirsi però al Nord per perfezionare gli allenamenti, o restare in Molise ed entrare nell’attività di famiglia. Nonostante le perplessità dei genitori, che avrebbero preferito per lei un’altra strada, Gioia decide però di darsi all’allevamento, seguendo una passionaccia che evidentemente i Neri e i Costantini hanno nel sangue.

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Isabella Costantini (a destra) e Gioia Neri: con la Bruna nel cuore

 

Piccoli, ma visionari

“Siamo una piccola realtà – ricorda Gioia – e alla settimana produciamo poco più di 21 quintali di latte con appena 13 animali in mungitura. Ma abbiamo sempre bilanciato la mandria in funzione delle esigenze del caseificio, e mia madre ha sempre scelto i tori puntando tutto sulla caseina”.
“La genetica – interviene Isabella – l’ho imparata sulle pagine delle riviste straniere dedicate alla Brown, visto che non avevo una formazione specifica e all’epoca anche Massimo era all’inizio della sua carriera. Spesso mi sono impuntata per poter utilizzare tori poco popolari in Italia, come Telstar, un riproduttore che invece ha contribuito moltissimo al successo di questa stalla. Il risultato lo vediamo oggi in caldaia, con rese che nel caso dei freschi come scamorze e fior di latte oscillano attorno al 20%, mentre con il caciocavallo si arriva anche al 14%. All’inizio nemmeno Massimo voleva crederci, poi, bilancia e calcolatrice alla mano, ha dovuto convincersi. Ma la Bruna è così, quasi incredibile”.
“Avendo anche il caseificio – ricorda Gioia – la maniacale attenzione per la qualità del latte è del tutto giustificata, e anche in mangiatoia lo spazio che diamo al fieno è abbondantemente ripagato dagli aromi che portiamo in caldaia. Sono poche vacche, ma hanno una razione basata essenzialmente su materie prime e fieni, e questo fa la differenza al momento di assaggiare uno dei nostri formaggi. Certo, spingendo poco di più con l’alimentazione potremmo produrre altri 3-4 litri di latte, ma non avrebbe senso vista l’impostazione che abbiamo dato alla nostra attività e lo spazio che la ristorazione ha preso negli ultimi anni. Dobbiamo puntare alla diversificazione, punto e basta. Non possiamo certo pensare di fare concorrenza alle grandi stalle e non ne varrebbe nemmeno la pena”. 

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Il punto vendita aziendale, un inno alla molisanità e al buongusto

 

Menù in purezza

Il ristorante è diventato uno dei punti di forza dell’agriturismo, all’insegna dei sapori veri e di un senso di autoironia nei confronti di una delle Regioni meno conosciute d’Italia, come il Molise. Sembra di essere in uno chalet di montagna e non è un caso che gli sciatori di ritorno dalle piste di Roccaraso si fermino sempre qui per uno spuntino prima di tornare a casa. “Il lavoro non ci pesa e cerchiamo il più possibile di preservare l’aspetto matriarcale di questa azienda – ricorda Gioia ridendo – lasciando a mio padre la possibilità di darci una mano con il fieno e con l’orto, due ambiti in cui è davvero bravissimo. Poi ci aiuta nel ristorante quando ci sono molti clienti, ma in caseificio e in stalla siamo noi donne a comandare, anche se poi tutte le decisioni sono sempre prese insieme”.
“La Bruna è nel mio cuore e in quello di Massimo – conclude Isabella – e in tutti questi anni vissuti insieme, non avremmo mai potuto realizzare tutto questo senza una razza che ha un latte ideale per la trasformazione e che valorizziamo anche con il marchio Disolabruna. Siamo piccoli, ma qui comunque si pensa in grande, tipizzando gli animali e investendo sul genotipo Kbb. Le prime Brown che sono entrate in stalla sono arrivate da Matera – ricorda con nostalgia Isabella – dalla stalla di Giacomo Amato, poi si è sempre lavorato con rimonta interna e un occhio costantemente puntato sul caseificio. Oggi siamo conosciuti e apprezzati per la nostra gamma di formaggi, dalle paste filate ai freschissimi, stracchino compreso, ma anche per la ricotta. Poi abbiamo la fortuna di essere in una zona dove il tartufo nero è disponibile in buone quantità, offrendoci la possibilità di arricchire la gamma con qualche chicca molto apprezzata dalla nostra clientela”.

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La selezione aziendale ha sempre dato grande spazio alla caseina

 

Porte sempre aperte

Il resto le donne di casa Neri se lo giocano in diretta, sempre pronte ad accogliere il turista di passaggio a qualsiasi orario, una scelta importante visto che lo sciatore o il rocciatore (ci sono pareti famose da scalare in zona) arrivano affamati anche verso le 4 del pomeriggio, certi di trovare la cucina sempre aperta.
“Dobbiamo puntare sul servizio – conclude Gioia – e sulla genuinità di quello che c’è nel menù: pochi fronzoli e molta sostanza. Stessa filosofia anche in caseificio, perché è il formaggio a parlare al posto tuo e non sono ammesse deroghe. In questo modo però le tre anime della nostra azienda si completano a vicenda e oggi, insieme alle vendite on line, ci permettono di continuare l’attività con successo, con picchi di lavoro che nel periodo di Natale ci svuotano letteralmente le scorte del caseificio. Crescere ancora? Lo faremo, ma a piccoli passi”. 
Come è sempre stato. 

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