Test “on farm”, un’opportunità da cogliere

Gestione mandria

Test “on farm”, un’opportunità da cogliere

I kit diagnostici "di campo" sono sempre più numerosi e diversificati. Vediamo in quali occasioni è possibile ricorrervi e quali risultati è lecito aspettarsi

 

Le prove diagnostiche eseguibili in allevamento possono tornare molto utili a differenti scopi, ad esempio per tutto ciò che riguarda la qualità del latte, oppure per impostare una routine per la determinazione dei parametri da monitorare con costanza. I test possono tornare utili per decidere se eseguire tempestivamente delle misure di profilassi, in particolar modo qualora il laboratorio di riferimento non fosse disponibile, come ad esempio avviene nel fine settimana oppure in periodi di festività, oppure per l’impossibilità logistica di raggiungere il laboratorio.

 

Su cosa si basano

Alcuni test si basano su una semplice variazione cromatica rilasciata nel campione in seguito alla reazione che avviene se sono presenti le sostanze da ricercare o meno. Altri test si basano su una reazione enzimatica che determina un campo elettrico misurabile, come ad esempio avviene nei test per la ricerca del beta-idrossibutirrato (BHB). La maggior parte dei test in commercio, tuttavia, si basa sulla tecnica “ELISA”, che consiste nella determinazione di proteine o di altre sostanze chimiche presenti in varie matrici, che possono andare dal latte al sangue fino ai cereali, ecc.

Il test ELISA può essere di due tipologie, diretto o indiretto; per semplificare possiamo dire che in un supporto già preconfezionato sono absorbiti nelle varie cellette composti che si coniugano alla sostanza che vogliamo ricercare, se effettivamente presente. Una volta che questo contatto è avvenuto la determinazione o meno del complesso avviene mediante una reazione in cui un reagente colorato andrà a legarsi o meno al complesso esistente e quindi metterà in evidenza l’avvenuto legame.

Un altro sistema analitico parecchio sfruttato nei test di campo si basa su LFT (lateral flow test) o RIM (immunomigrazione rapida), in cui le proteine “antigeniche” eventualmente presenti nel campione, messe a contatto con una apposita membrana, si diffondono e migrano sino ad incontrare un reagente che formerà una banda colorata ben visibile. Questo test è usato per la determinazione in allevamento di alcuni patogeni quali Rotavirus, Coronavirus, E.coli, Criptosporidi, Giardia, ma anche per il test di gravidanza.

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Molti test sono finalizzati alla diagnosi delle principali malattie infettive e protozoarie. In alto, un test per la bvd; sotto, uno per la criptosporidiosi

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California Mastitis Test

Alcuni test necessitano, per ottenere un responso, di un minimo di strumentazione, dal costo estremamente contenuto, mentre altri possono essere interpretati direttamente per una variazione cromatica del test eseguito.
Un test diagnostico diffuso e di facilissima esecuzione, che possiamo fare in azienda, è quello per individuare le bovine con conta leucocitaria elevata: questo è possibile con il CMT (California Mastitis Test) dove in un apposito piattino di raccolta del latte dei quattro quarti, viene aggiunto un reagente in egual quantità rispetto al latte (2 ml). Dopodiché, agitando leggermente il contenitore per pochi secondi, potremmo osservare che se il campione ha una carica cellulare elevata, la consistenza del latte subirà una variazione, ovvero tenderà a divenire più denso e colloso al crescere della presenza di leucociti.

 

Batteriologia on farm

Mediante diagnosi on farm, possiamo eseguire test sul latte per la individuazione di batteri che sono eventualmente presenti in uno o più quarti affetti da mastite. Vi sono in commercio strumentazioni molto semplici con relativi kit che consistono in piastre o provette già preconfezionate con terreni di coltura selettivi per le principali classi di batteri, Gram positivi e Gram negativi.

Alcuni tipi di provette hanno al loro interno un vetrino sul quale “seminare” il latte mediante un tampone, altri prevedono l’introduzione di poche gocce in provette con differenti terreni di coltura. Dopo la “semina”, i campioni, opportunamente identificati con il numero della bovina a cui è stato prelevato il latte in maniera sterile, devono essere messi in incubazione per alcune ore, media mente dalle 8 alle 14 ore, alla temperatura di 37°C.

Dopo tale periodo si può procedere alla “lettura”: si potranno notare delle colonie di batteri che sono cresciuti in uno dei due terreni, per quanto riguarda i test con vetrino, mentre in quelli con due provette si noterà un cambiamento di colore che da rosa diverrà bianco in una o in entrambe le provette, a seconda che si tratti di E. coli, Klebsielle, ecc., oppure di Staphylococcus aureus, Streptococcus agalactiae, Streptococcus uberis, Stafilococchi coagulasi negativi, ecc.

Ovviamente non abbiamo a disposizione un antibiogramma e questo è un po’ il limite del sistema, tuttavia un 25-40% dei campioni non presenta alcuna crescita batterica pur in presenza di un’infiammazione mammaria rilevata clinicamente. In questo caso, qualora il fenomeno si presenti frequentemente e dopo un confronto con il laboratorio, dovete ricercare le cause della mastite in altri ambiti.

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Alcuni esempi di test batteriologici di campo per la diagnosi delle mastiti

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Conducibilità elettrica

Per la determinazione degli stati infiammatori della mammella vi è una strumentazione che determina la conducibilità elettrica del campione raccolto. Essa si basa sul principio che in caso di infiammazione, parecchie cellule presenti in mammella vanno incontro a disfacimento rilasciando nel latte il loro contenuto in sali minerali; si potrà quindi notare un aumento della conducibilità elettrica che verrà opportunamente misurata. Lo strumento consta di un piccolo contenitore dove inserire il latte, anche direttamente dalla mammella; premendo un pulsante si genererà una piccola scarica di corrente elettrica fornita da una batteria, che verrà misurata: ci sarà un aumento se il latte presenta alterazioni riferibili ad una infiammazione della mammella.

 

Beta-idrossibutirrato

Un test molto usato in allevamento è quello per la determinazione del beta-idrossibutirrato (BHB); il test è molto semplice ed utile per la precoce individuazione di bovine che possono presentare problemi di chetosi subclinica e quindi permette di intervenire tempestivamente prima che tale patologia possa causare, come ben sappiamo, problematiche più gravi.


Questo test si basa sull’utilizzo di una strumentazione dal costo estremamente contenuto; una goccia di sangue opportunamente prelevata, verrà posta su una striscia da inserire nello strumento. La lettura del valore di BHB, che tende ad accumularsi nel sangue, avviene in pochi secondi. Per la determinazione del medesimo parametro è possibile usare anche delle strisce che hanno absorbiti opportuni reagenti i quali, messi a contatto con latte o con l’urina, virano di colore; in base poi alla tonalità di colore assunto dal test è possibile quantificare a grandi linee il valore del BHB.

 

Colostro in gradi Brix

Un altro test che richiede una strumentazione dal costo più che abbordabile è quello finalizzato alla determinazione delle immunoglobuline del colostro, che sappiamo essere utili per la prevenzione di patologie neonatali. Questa misurazione è possibile eseguirla mediante rifrattometro, strumento che misura la parte solida dispersa in un liquido. Le immunoglobuline contenute nella parte solida del colostro faranno deviare la luce in maniera diversa in base alla loro concentrazione; si potrà quindi leggere il valore di riferimento nella scala graduata all’interno del rifrattometro.
Visto che nelle prime fasi di vita il vitello dovrebbe assumere dai 100 ai 200 grammi di immunoglobuline per avere poi nel sangue una concentrazione maggiore di 10 grammi/litro, il colostro deve avere una concentrazione di almeno pari a 50 grammi/litro e occorre somministrarne 4 litri. Questo conteggio si traduce leggendo sulla scala Brix del rifrattometro un valore superiore al 22%.

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Il refrattometro permette di valutare la qualità del colostro che viene somministrato ai vitelli

 

In vitellaia

Oltre alla valutazione del colostro nel campo della vitellaia possiamo determinare, mediante test di campo, la presenza di patogeni che colpiscono i nuovi nati nelle prime settimane di vita; sono test molto semplici da usare, grazie ai quali si può determinare la presenza di Rotavirus, Coronavirus, E.coli, Criptosporidi.

Essi si basano sull’analisi di un campione di feci del vitello che presenta o meno sintomi enterici, di cui conosciamo le capacità diffusive in questi animali. Per cui può rendersi necessaria una diagnosi differenziale di campo al fine di avere un’indicazione sulla patologia in atto e conseguentemente impostare una terapia appropriata, oltre che una eventuale profilassi sui restanti capi.

Per rimanere nell’ambito delle malattie infettive, per evitare la diffusione della BVDV in allevamento possiamo testare sia i capi adulti che quelli alla nascita oppure quelli acquistati ed anche eventualmente i capi deceduti. Vi sono diversi tipi di test in commercio, sia per la rilevazione degli anticorpi che per il riconoscimento del virus albergato dagli immunotolleranti, che sono da eliminare. Il test prevede che vi sia un passaggio di estrazione dell’antigene, dopo di che pochi microlitri di soluzione vengono introdotti in una provetta nella quale viene inserita una striscia di diffusione e in 15 minuti è possibile leggere il risultato.Sempre per quanto riguarda la BVD, è possibile mediante test on farm determinare gli anticorpi prodotti in caso di contatto con il virus o per verificare che la vaccinazione sia avvenuta correttamente, usando sia siero che plasma oppure latte.

 

Test di gravidanza

È possibile realizzare in azienda il test di gravidanza della bovina mediante un semplice prelievo di sangue, oppure siero o plasma, a partire dal 28° giorno di gestazione e purché siano passati almeno 70 giorni dal parto. Il kit va a determinare le glicoproteine associate alla gravidanza (Pags) e prevede che viene eseguito il prelievo di sangue in una provetta contenente EDTA, un prodotto anticoagulante; si agita delicatamente la provetta dopodiché, con una apposita pipetta, vengono inserite 6 gocce nel pozzetto di rifermento del test; non resterà che attendere 20 minuti per avere il risultato.

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Il kit per la diagnosi di gravidanza va a determinare le glicoproteine associate alla gravidanza (Pags) presenti in circolo

 

Conclusioni

La diagnostica on farm apre scenari importanti per l’allevatore, tuttavia vanno fatte alcune considerazioni.

1) In alcuni casi è necessario allestire uno spazio adeguato per poter eseguire in maniera corretta i vari tipi di test, perchè se è vero che sono estremamente semplici nella loro applicazione, per ottenere dei risultati attendibili vanno rispettate delle elementari norme, quali ad esempio l’idonea conservazione e l’idoneo trattamento del campione o l’igiene del luogo dove vengono eseguiti i test (e noi tutti sappiamo quanto spesso sia difficile trovare delle ottime condizioni igieniche negli allevamenti). Estremamente importante è poi la conservazione dei test ad un'adeguata temperatura, sia in fase di conservazione prima del loro utilizzo, sia durante la fase di esecuzione, e poi di incubazione e di attesa lettura.

2) Alcuni test necessitano di una minima preparazione sia in fase di prelievo che di esecuzione, come ad esempio il prelievo sterile del latte e la sua refrigerazione, oppure è necessario far sierare il sangue e centrifugarlo. Questi test necessitano quindi di una formazione dell’addetto affinché queste mansioni vengano eseguite nella maniera più corretta possibile.

3) Va da sé che tutti questi mezzi diagnostici hanno valore di pura conoscenza da parte dell’allevatore e non hanno invece alcun valore nei confronti né delle aziende sanitarie locali né tanto meno ai fini legali. Essi possono comunque essere un buon punto di partenza per approfondire eventualmente le diverse situazioni che siano ritenute da mantenere sotto osservazione, per migliorare la situazione aziendale.

In buona sostanza, i test on farm sono un ottimo strumento per un approccio alla problematica che si vuole affrontare, uno strumento che se ben gestito può dare ottime soddisfazioni all’allevatore, che tuttavia deve impegnarsi, perché per ottenere dei buoni risultati servono preparazione e costanza nel tempo.

 

di Pierangelo Cattaneo, Medico Veterinario