Cuore bresciano, stalla emiliana

Da sinistra: Sergio e Roberto Ancellotti

Gestione mandria

Cuore bresciano, stalla emiliana

Sergio e Roberto Ancellotti, fratelli nella vita e soci negli affari. Due allevatori davvero al top con le loro vacche da Parmigiano Reggiano da 130 quintali all’anno e una visione ben precisa: fare lo stesso latte con meno animali

Bei tipi i fratelli Ancellotti. Molto bresciani nella mentalità, ma assolutamente emiliani nel modo di vivere. Lamentarsi? Mai. Lavorare? Quando serve senza riserve, ma quando si può un paio di settimane di vacanze in giro per il mondo si fanno con serenità. Perché nella vita non c’è solo la stalla, anche se loro da veri allevatori l’hanno sempre nel cuore. 

La stalla di Varano de' Melegari è gestita dai due fratelli dal 1987

 

Sergio e Roberto Ancellotti hanno scoperto l’America sulle colline di Parma e poco più che ventenni hanno acquistato una stalla a Varano de’ Melegari (Pr), non lontani da Fornovo di Taro, lasciando Brescia e la famiglia per lanciarsi in questa nuova avventura. “È stata una combinazione positiva – dice Sergio - perché  i vecchi proprietari erano bresciani, il mediatore era bresciano e noi volevamo costruirci il nostro allevamento”. “Ma la vera fortuna – lo incalza Roberto - è che fossimo in zona da Parmigiano Reggiano, perché questo che ci ha cambiato la vita”.

Dopo 33 anni da quella decisione, la stalla si è ampliata notevolmente, sempre nell’ottica di ottimizzare le strutture disponibili, ma di affiancare loro nuovi ricoveri per il bestiame e per la rimonta. Il tutto con un occhio di riguardo per i costi, ma investendo dove era necessario, vitellaia in primis.

 

Regole chiare, nessuna eccezione. E in stalla nessuno urla: le vacche apprezzano

 

L’importanza dei protocolli

“La mandria è cresciuta notevolmente, ma l’abbiamo fatto – ricorda Sergio – investendo sulla rimonta interna, con un’attenzione maniacale per la vitellaia e per la gestione delle prime fasi di vita. C’è un protocollo ben preciso, si danno 4 litri di colostro con la sonda a tutti i vitelli e soprattutto se ne misura la qualità in gradi Brix per non avere sorprese”. “E questo vale – dice Roberto – per i Frisoni, ma anche per gli incroci Blue Belga, perché non è mai tempo sprecato, ma è invece un investimento per il bilancio aziendale”.

Oggi sono 270 le vacche in mungitura

 

Semplicità ed efficacia: il mantra dei fratelli bresciani è questo, e anche sul fronte della riproduzione si affidano da anni allo stesso centro tori, lasciando mano libera agli esperti nella scelta del piano accoppiamenti, dopo aver definito con chiarezza gli obiettivi che la mandria doveva raggiungere. “Il nostro mestiere – precisa Sergio – è quello di gestire la mandria al meglio e di assicurare alle vacche una razione sempre al top. La genetica? Lasciamola agli esperti. E non chiedeteci cosa abbiamo nel bidone del seme perché non lo sappiamo. Ma conosciamo perfettamente i risultati raggiunti e soprattutto dove vogliamo andare”. 

 

La vitellaia, ampia, pulita e con un carico di animali mai eccessivo

 

La biosicurezza conta

“Sulla vitellaia abbiamo investito, sia a livello strutturale che come attrezzature. E l’adozione di una lupa piuttosto evoluta sotto il profilo dei controlli elettronici ha fatto la differenza, unitamente ad una gestione degli aspetti di biosicurezza molto attenta”. In stalla i fornitori non entrano se non sono autorizzati, i calzari sono obbligatori, si disinfettano gli pneumatici dei mezzi e, come linea generale, meno gente gira fra gli animali e meglio è. “L’obiettivo che abbiamo - spiega con chiarezza Roberto – è restare a 38mila quintali di produzione, ma con sempre meno vacche. Con un impatto ambientale sempre minore, perfettamente in linea con quello che il consumatore ci chiede, anche se il consumatore non ha la minima idea di come si produca un litro di latte”.

L’azienda è in zona di montagna e con la sua presenza contribuisce concretamente al presidio di un territorio che senza zootecnia, male si presta all’agricoltura.

 

Benedette certificazioni

“Gli Appennini  hanno delle potenzialità reali - dice Sergio – e non lo dico come slogan, perché è la nostra esperienza diretta. Il nostro prodotto è certificato “Latte di Montagna”, abbiamo  certificato anche il benessere animale e questo ci ha permesso di diventare fornitori del caseificio Ferrari di Lodi, che con il nostro latte ha avviato una positiva collaborazione con Carrefour”.

Il sistema a “due bicchierini” per la preparazione del latte per i vitelli

 

Il prezzo riconosciuto agli Ancellotti? Altissimo. Segno che la filiera funziona e che a saperci fare anche i caseifici possono riconoscere ai fornitori qualificati una remunerazione adeguata. “Bel prezzo, non possiamo negarlo. Essere certificati latte di montagna ci vale un paio di centesimi, che si vanno ad aggiungere al centesimo e mezzo legato alla certificazione del benessere animale e ai 99 punti Classyfarm che abbiamo ottenuto”.

Vi risparmiamo la fatica di fare i conti, su 38mila quintali la prima certificazione vale 76mila euro, mentre la seconda, quella del benessere, ne vale altri 57mila.

 

Il paddock esterno a cui gli animali hanno accesso, sempre poco frequentato visto il livello di comfort della stalla

 

Scelte biologiche

“Da più di 20 anni i terreni sono in regime biologico - dice Sergio - perché in questo modo ottimizziamo ancora di più la campagna, senza troppi sforzi. La stalla invece non è in biologico perché non vogliamo avere vincoli visto il valore della produzione e della mandria”.  “ Per la maggior parte - interviene Roberto - facciamo medica e frumento da sfalcio, due colture sulle quali di norma non si fanno trattamenti; essere “bio” è più una questione amministrativa che agronomica”. 

 

La sala mungitura e, al piano di sotto, il locale tecnico per accedere agli impianti

 

Il sistema è rodato e la stalla degli Ancellotti ha chiuso il 2020 con una media di 130 quintali e produzioni giornaliere attorno ai 40 litri, senza troppi sbalzi fra estate e inverno: “Anche qui abbiamo dei protocolli – spiega Sergio – e per il raffrescamento ci siamo affidati all’esperienza di un maestro come Israel Flamenbaum. Poi non è questione di crederci o non crederci, ma di applicare correttamente il protocollo e misurare i risultati, animale per animale. Idem per il controllo del fotoperiodo, con una costante di 200 lux al pavimento. Abbiamo installato 180 lampade a led, non c’è un cono d’ombra, le vacche apprezzano la netta divisione fra zona di riposo e zona di alimentazioni e, rispettando il loro comportamento tipico degli animali predati, si fa più latte”.

“L’elettronica ci viene incontro – aggiunge Roberto - ed è tutto automatizzato. Nel nostro caso, visto che la mandria viaggia già alto per conto suo, i led non ci hanno innalzato il picco produttivo, ma hanno dato grande stabilità durante tutto l’anno. È un po’ come in Formula Uno, si gioca sugli aggiustamenti fini per guadagnare tenuta e anche qualche millesimo”. 

“L’altro aspetto su cui contiamo di migliorare - conclude Sergio - è quello della longevità. Oggi siamo a 2.9 lattazioni, ma il Custom Index definito con chi ci fornisce il seme è proprio orientato alla longevità e alla materia utile del latte e sono convinto che nel giro di poco ci consentirà di ridurre ulteriormente la rimonta, con tutto quello che ciò si porta dietro. E quando in stalla hai 270 vacche in produzione, sono numeri importanti. Stiamo lavorando molto anche sulle asciutte con la collaborazione di Bill Prokop della Cornell University e i risultati si vedono a livello di mandria, pur nella consapevolezza che ogni anno la “macchina” diventa più potente e difficile da guidare. Ma ci piace correre e corriamo”. 

I fratelli Ancellotti erano poco più che ventenni quando hanno acquistato la stalla e avviato un allevamento “top”