Il mangime da robot? Meglio se è di soia

Gestione mandria

Il mangime da robot? Meglio se è di soia

Nel quadro della giornata tecnica Progeo dedicata alla gestione del robot di mungitura, abbiamo incontrato Alex Bach, uno dei maggiori esperti europei di vacche da latte. Un'ottima occasione per chiedere il suo parere sull'alimentazione delle vacche munte con i sistemi automatizzati

Se cercate su Internet chi è Alex Bach, troverete il suo nome fra gli autori di centinaia di lavori scientifici pubblicati su prestigiose riviste internazionali che si occupano di zootecnia da latte. Incontrarlo al margine della giornata tecnica recentemente organizzata da Progeo Mangimi a Paderno Ponchielli (Cr), nella stalla biologica del vice-presidente di Granarolo Gianluca Ferrari, è stata per noi l’occasione giusta per porgli le domande che molti allevatori al nostro posto gli avrebbero probabilmente formulato a proposito di alimentazione delle vacche munte al robot.

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Il catalano Alex Bach oggi lavora come ricercatore indipendente

Dottor Bach, cosa è legittimo attendersi dal passaggio dalla sala di mungitura al robot? Una minore necessità di manodopera? Un aumento della produzione? Entrambe le cose?
“È lecito attendersi entrambi gli effetti, ma è potenzialmente possibile che l’aumento produttivo non si verifichi. La mandria potrà anche collocarsi intorno a una media di 2,6 mungiture al giorno per capo, ma affinchè il latte raccolto nel tank effettivamente aumenti, è necessario che l’intervallo tra le mungiture sia costante. Quando questo intervallo si allunga, si ripropone quella situazione che in natura si verifica in vicinanza dello svezzamento: il vitello sugge sempre meno spesso dalla madre e la vacca tende ad asciugarsi. Sicuramente con il robot cala la necessità di manodopera, ma l’allevatore deve restare comunque in stalla. Solo sono diverse da prima le sue mansioni”.


Lasciamole libere

Per essere sicuri di centrare l’obiettivo, è preferibile il traffico forzato o quello libero?
“Oggi più che di traffico forzato si parla di traffico guidato, un termine senza dubbio più corretto e delicato. Ciò premesso, a mio parere il traffico guidato non è un’opzione. E questo perché è dimostrato che con il traffico guidato la bovina si reca un minor numero di volte in mangiatoia e, alla fine, cala il consumo di sostanza secca. Quindi è preferibile il traffico libero”.

Nelle stalle robotizzate a traffico libero il mangime nel robot funziona davvero come attrattivo?
“Si, e questo vale soprattutto per le vacche dai 180 giorni in mungitura in avanti, che non avvertono alcun bisogno di essere munte. Ma attenzione, perché eserciti effettivamente un richiamo, il mangime deve essere organoletticamente diverso dall’unifeed, e non deve mai essere offerto in quantità eccessive, altrimenti più ne dai e più viene sprecato: a quel punto il numero di visite al robot cala perchè l’effetto attrattivo sparisce”.

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La giornata tecnica Progeo si è tenuta a Paderno Ponchielli (Cr) nell’allevamento del vice-presidente di Granarolo, Gianluca Ferrari


Nutriente o palatabile?

Qual è allora la composizione ottimale del mangime da robot?
“L’idea di base è che sia un alimento prezioso per la vacca. Quindi le strategie percorribili sono due: puntare sulla palatabilità o sulla presenza di componenti nutrienti. La via della palatabilità, purtroppo, è difficile: a contrario di quello che si crede il melasso non è particolarmente gradito alle bovine e sono pochi gli alimenti su cui è possibile puntare. È più facile allora cercare l’effetto nutriente, ma non tanto con l’amido che può dare acidosi ed è quindi preferibile sia inserito nell’unifeed insieme alla componente fibrosa, quanto piuttosto con la soia, che oltretutto è anche un alimento palatabile e ha un gusto del tutto diverso da quello dell’unifeed. E infine con la soia non c’è rischio acidosi”.

Quale la quantità giusta da offrire?
“Consiglio di orientarsi su 3, massimo 4 chili al giorno, ovvero circa 1,2 kg per visita. È la quantità giusta per ridurre al minimo la variabilità degli intervalli tra le mungiture e massimizzare la produzione lattea; si è visto infatti che se offri 8-9 kg di mangime al giorno, le vacche consumano un giorno 6-7 chili, il giorno dopo magari 9 e quello ancora dopo 6 chili e tutta questa incostanza impatta negativamente sulle fermentazioni ruminali, che a loro volta amplificano il problema, facendo sì che anche gli intervalli tra le visite in mangiatoia diventino sempre meno costanti”.

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La composizione del PMR (partial mixed ration) deve essere adeguata in base a quella del mangime offerto nel box robotizzato

Meglio un mangime sfarinato o un pellet?
“Le vacche preferiscono il pellet, anche perché le farine tendono a impastarsi sul muso dell’animale. Tuttavia il rumore della discesa del pellet può spaventare le novizie, ma poi le bovine si abituano”.

Dal punto di vista economico ha senso investire nell’acquisto di un mangime da robot? Qual è il vantaggio in termine di rapporti costi/benefici?
“L’offerta del mangime nel robot non ha senso economico se ogni giorno l’allevatore propone quantità diverse. Con 3-4 chili di mangime al giorno, ogni giorno, non ci sono problemi, e l’investimento si ripaga. Il gioco vale quindi la candela”.

Ma l’uso del mangime nello stallo di mungitura non richiede forse manodopera in più per igienizzare la mangiatoia?
“Certo, ma trovo che questo sia un problema trascurabile. La pulizia della mangiatoia del robot è questione davvero di poco”.

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Bach consiglia l’impiego nel robot di un mangime pellettato, anche se il rumore della caduta del pellet potrebbe spaventare le “novizie”
 

Gestione dell’unifeed

È necessario adeguare di conseguenza la composizione dell’unifeed? Oppure è necessario fare più carri o più gruppi di alimentazione? O ancora aumentare la frequenza di distribuzione dell’unifeed?
“Il robot di mungitura è un vero e proprio cambio di sistema di allevamento. Per cui si, la composizione dell’unifeed va adeguata alla composizione del mangime, tanto è vero che non si parla più di TMR, o di “total mixed ration”, bensì di PMR o “partial mixed ration”, che sarà anche meno costosa. Quanto alla frequenza della preparazione del PMR, è la stessa del TMR, ovvero sono indicate 2 volte al giorno nella stagione calda e una volta al giorno in inverno. Più che altro è importante la frequenza di accostamento del PMR alla mangiatoia, per cui se non si hanno a disposizione i feed-pusher automatizzati, è bene che sia l’allevatore a spingere la razione davanti alle vacche per 3-4 volte al giorno. E in quell’occasione può dare una controllata alla mandria e magari segnarsi gli animali in calore. Ripeto, il robot di mungitura non deve offrire la scusa per assentarsi dalla stalla: l’essere umano deve sempre esserci in allevamento”.

È inevitabile trovarsi delle vacche inadatte al robot o che tendono a non farsi mungere?
“La presenza nella mandria di bovine inadatte al robot o che devono essere accompagnate al robot è da considerarsi inevitabile. C’è sempre una certa percentuale di primipare che per morfologia mammaria o per paura del robot devono essere munte manualmente, e quando questa percentuale arriva al 5-7% allora è necessario riformare questi capi. Quanto alle ritardatarie, la loro presenza è difficile da evitare: come dicevo prima, soprattutto a fine lattazione le bovine non avvertono il bisogno di essere munte, per cui di loro iniziativa non si recano al robot. Occorre accompagnarle con pazienza, ed è magari l’occasione per dare un’altra occhiata alla mandria”.