“Fassona” piemontese, orgoglio italiano

La caratteristica conformazione del toro Piemontese (ph. archivio Anaborapi)

Gestione mandria

“Fassona” piemontese, orgoglio italiano

Carne pregiata, ottime rese di macellazione, legata saldamente al territorio. Tutto merito di un gene impazzito e della caparbietà degli allevatori, la cui lungimiranza ha consentito di dar vita alla razza che tutti conosciamo

La Piemontese è la razza da carne più diffusa nel nostro Paese e, fra le razze italiane, occupa saldamente il secondo posto in assoluto dopo la Frisona, con i suoi 350.000 capi allevati prevalentemente in Piemonte, ma anche in numerose altre regioni italiane. Di questi, 280.000 risultano iscritti al Libro Genealogico e costantemente controllati nelle oltre 4.300 aziende agricole che se ne occupano. Circa 133.000 sono le femmine riproduttrici.
La Piemontese si è inoltre affermata in numerosi Paesi sparsi in tutto il mondo, dove molto è diffusa la produzione di meticci, anche se non mancano allevamenti in purezza.

Fassona piemontese, bovini da carne, miostatina, Anaborapi, progetto I-Beef
Una tipica vacca di razza Piemontese (ph. archivio Anaborapi)
 

Una radicale evoluzione

Parlando di razza Piemontese, si pensa immediatamente a quei bovini dalle caratteristiche anatomiche uniche, che tutto il mondo ci invidia. Ma gli antenati di questi soggetti erano molto diversi da quelli ipermuscolosi che conosciamo e che oggi vengono definiti “fassoni”. Fino al secolo scorso, infatti, l’allevamento doveva rispondere a tutte le esigenze del contadino e questi animali dovevano lavorare i campi perché non esistevano le macchine, le loro mamme dovevano dare il latte e poi, come regalo finale al loro padrone, gli fornivano anche un po’ di carne.
Il lavoro dei campi con l’ausilio degli animali era così importante che ancora oggi gli agricoltori locali usano come unità di misura dei terreni la “giornata Piemontese”, ossia la superficie media che si poteva arare in una giornata di lavoro aggiogando una coppia di buoi. Attualmente corrisponde a 3.810 metri quadrati. Ancora oggi la Piemontese è una razza saldamente legata al territorio perché, anche dopo una profonda evoluzione, i suoi animali continuano a nutrirsi di foraggi e mangimi prodotti per la maggior parte in loco.

Fassona piemontese, bovini da carne, miostatina, Anaborapi, progetto I-Beef
Un gruppo di fassoni, animali in cui l’ipertrofia muscolare è evidente (ph. archivio Anaborapi)
 

La morfologia è cambiata

La caratteristica distintiva della razza è quello che viene definito “carattere coscia”. Questo tipo di bovino comparve verso la fine del 1800 ed era diverso dal tipo di Piemontese tradizionale, ma fu subito molto gradito dagli allevatori che intravidero in quell’animale un’ottima fonte di guadagno. Si sviluppò quindi una specie di selezione “clandestina” portata avanti dagli allevatori utilizzando autonomamente per la riproduzione proprio quei tori considerati deformi, che non dovevano neppure essere visti dagli ispettori ufficiali. Come si è appurato recentemente, questa singolare morfologia dipende dal gene della “miostatina”, un gene che si potrebbe definire quasi “impazzito”: non funzionando a dovere, allo stato di omozigosi stimola nell’animale uno sviluppo muscolare molto accentuato, fenomeno del tutto naturale che, opportunamente selezionato, ha finito per fare la fortuna dei bovini Piemontesi. Oggi la selezione ufficiale mira invece a perseguire e diffondere quanto più possibile questo carattere; l’ipertrofia muscolare si accompagna a pelle fine, testa di dimensioni ridotte, tronco lungo, coda corta e sottile, stinchi esili, ma robusti, assenza quasi totale di grasso sottocutaneo.
Quando il vitello nasce può sembrare molto fragile e mingherlino, ma fa già intravvedere cosa diventerà da grande e nei mesi successivi assume, per sua natura, quel fisico muscoloso quasi simile a quello di un culturista, soprattutto negli individui di sesso maschile. Nei vitelli più giovani, il carattere “coscia” è poco pronunciato, quasi da non apparire. Tuttavia, già dopo poche settimane di vita, la muscolosità della parte posteriore del corpo diventa ben evidente per manifestarsi pienamente nei mesi successivi allo svezzamento.

Fassona piemontese, bovini da carne, miostatina, Anaborapi, progetto I-Beef
L’allevamento in linea vacca-vitello è ancora oggi la tipologia più diffusa nel mondo della Piemontese
 

Piccolo è bello

L’allevamento della Piemontese si svolge essenzialmente in aziende di dimensioni limitate, con una media di circa 30 vacche ciascuna. Per una migliore analisi, si possono delineare tre diversi tipologie di allevamento.
• La prima tipologia, poco diffusa, prevede la vendita del vitello scolostrato: un soggetto di 35-50 giorni che gli allevatori indicano con il termine “püparìn”. Questo sistema implica ovviamente la mungitura delle fattrici.
• La seconda tipologia ha come obiettivo la vendita del vitello svezzato, di circa 5-6 mesi di vita e un peso di 180-220 kg. Un vitello di queste caratteristiche è tradizionalmente identificato con il nome di “mangiarìn”.
• La terza tipologia di allevamento, la più diffusa, prevede l’ingrasso del soggetto, maschio o femmina, nell’ambito dell’azienda stessa, secondo un allevamento cosiddetto “a ciclo chiuso”. Questo sistema di allevamento interessa oltre i due terzi delle aziende di Piemontese.
 

Spazio al benessere

Nella nostra realtà, le bovine sono allevate sia a stabulazione fissa, sia a stabulazione libera. La scelta a favore dell’una o dell’altra soluzione è funzione dello spazio disponibile e dell’organizzazione aziendale, ma si sta sempre più diffondendo la stabulazione libera sia perché più rispettosa del benessere animale, sia perché favorisce un accrescimento più rapido, senza contare i positivi riflessi al momento del parto.
Nell’allevamento tradizionale, si tende a fecondare le bovine ad un’età fin troppo avanzata. Se è vero che, nel rispetto della fisiologia dell’animale, non è corretto fecondare una manza troppo presto, è altrettanto vero, da un punto di vista economico, che non si deve perdere tempo da quando l’animale è in grado di intraprendere la gravidanza.
L’età consigliata per la prima fecondazione è di 14-16 mesi, in modo tale che la bovina al primo parto abbia un’età di 23-25 mesi. I recenti progressi genetici giustificano questo suggerimento perchè hanno accentuato la precocità di accrescimento delle bovine, rendendole idonee a iniziare una gravidanza in età molto giovane.

Fassona piemontese, bovini da carne, miostatina, Anaborapi, progetto I-Beef
In alpeggio sulle montagne del Piemonte a difesa del territorio e delle tradizioni
 

Il prodotto giusto per tutti

Anche se si stanno affermando altre categorie merceologiche, il prodotto principe della razza rimane sempre il cosiddetto “vitellone”, un animale macellato mediamente all’età di 14-16 mesi e a un peso di 550-650 kg, con incrementi giornalieri che talvolta raggiungono 1,400 kg/giorno. Genetica e management hanno consentito di raggiungere questi livelli di precocità: oggi con una buona gestione risulta poco conveniente macellare i vitelloni a età più avanzate.
Poiché l’ipertrofia muscolare è associata a una generale riduzione dello scheletro, dell’apparato digerente e dei tessuti di scarto, la resa alla macellazione dei vitelloni maschi è tra le più elevate al mondo, raggiungendo normalmente il 68% del peso vivo, ma superando spesso anche il 70%.
Le femmine invece vengono macellate intorno ai 12-14 mesi per un peso complessivo sui 450 kg.
In alcune zone pedemontane particolarmente vocate, viene prodotto il cosiddetto “sanato” o “vitello a carne bianca”, un soggetto macellato a 5-6 mesi di età ad un peso di circa 300 kg. È un tipo di produzione poco diffusa, che viene incontro alle richieste di una clientela particolarmente esigente e anche facoltosa.
Un’altra tipologia che si sta affermando è la bovina giovane, di 2-4 anni di età, normalmente con un parto all’attivo, categoria che abbina buone rese e ottima qualità della carne.
 

Il futuro passa dalla ricerca

La selezione e il miglioramento genetico della Piemontese hanno il loro quartier generale a Carrù, in provincia di Cuneo, e sono compito di Anaborapi che, anche grazie allo sviluppo del progetto I-Beef, persegue oggi obiettivi legati non solo al miglioramento delle produzioni, ma anche alla sostenibilità ambientale, al benessere animale, alla facilità dei parti, all’eliminazione dei difetti genetici, alla fertilità del bestiame, alle attitudini materne e alla conservazione della variabilità genetica. Ma qui entriamo in un argomento particolarmente complesso e variegato che merita di essere approfondito attraverso ulteriori articoli.
Restate sintonizzati.