La tradizione casearia in Italia ha radici ben salde e, da sola, costituisce il 12% della produzione totale europea. Nel nostro Paese, circa il 75% del latte viene trasformato in formaggio, collocandosi al primo posto per il numero di riconoscimenti DOP, IGP e STG assegnati dall’Unione Europea. Nonostante questi dati da primato, siamo sicuri di conoscere a pieno il processo di caseificazione? Prima dell’avvento della genomica, tutte le energie si erano concentrate sull’esclusiva relazione tra attitudine casearia e caseine contenute nel latte, nella convinzione che queste fossero le uniche componenti ad influenzare la caseificazione. Le caseine, infatti, costituiscono circa l’80% delle proteine del latte e sono fortemente coinvolte nel processo di formazione della cagliata.
La K-caseina si presenta, come noto, sotto diverse varianti alleliche: nelle razze a maggiore diffusione, A e B si trovano con maggiore frequenza, seguono poi la variante E e, in rari casi, anche la variante I. Suddiviso il latte in funzione delle varianti K-caseina AA, AB e BB e analizzato con il lattodinamografo, è emerso che la percentuale di latte con caratteristica di caseificazione ottimale sul totale dei campioni analizzati per K-caseina AA era del 53%, per K-caseina AB era del 62%, per K- caseina BB era del 68%.
Questo significa che la K-caseina spiega solo in parte una migliore attitudine casearia: infatti, quasi un terzo del latte K-BB risulta avere un profilo lattodinamografico non ottimale per la caseificazione! Ricerche più approfondite hanno evidenziato anche un’interazione tra K- e Beta-caseine, rivelando che la loro miglior combinazione per attitudine casearia non è quella che alcune tendenze commerciali vogliono far credere (A2A2 e K-BB), bensì quella che comprende l’allele B in entrambe le varianti, dunque: A1B-AB, A2B-BB e A2B-AB. Dunque, da cosa deriva questa variabilità? Con l’avvento della genomica abbiamo imparato ad analizzare i caratteri sotto un profilo più completo, permettendo di approfondire le relazioni tra genotipo e fenotipo. E questo è proprio quello che fa Pro Caseus®.
Un indice genomico
Prendendo in considerazione 100 geni del DNA bovino fortemente correlati con l’attitudine casearia del latte, e non limitandosi alla componente caseinica del latte, Pro Caseus® quantifica la capacità di trasformazione del latte in formaggio, sia in termini di resa quantitativa che in termini di qualità organolettica del prodotto finito. Tutto ciò è stato possibile grazie ad un importante raccolta dati che continua tuttora, costituita da un database di più di 4 milioni di fenotipi provenienti dai controlli funzionali del latte nella Regione Veneto. L’indice, che una volta era calcolato solo tramite misurazione diretta per mezzo del lattodinamografo, oggi è diventato genomico, permettendo una selezione mirata, precoce e completa degli animali “da formaggio”.
Martina Dal Santo – Intermizoo