di Alessandro Amadei
Dopo 14 anni di gradita tranquillità, nel 2025 l’afta epizootica è tornata sul suolo europeo. E dopo il focolaio berlinese dello scorso gennaio (che oggi risulta ufficialmente estinto), nelle scorse settimane anche l’Ungheria e la Slovacchia sono state interessate da questa malattia virale tipica degli animali “a unghia fessa” (bovini, bufalini, ovicaprini, suini, camelidi, ruminanti e suidi selvatici). Alla data di oggi, 16 aprile 2025, i focolai notificati sono 11, tutte aziende agricole in cui viene praticato l’allevamento della specie bovina. Ma cosa hanno disposto le nostre autorità veterinarie per proteggere la zootecnia italiana e quali sono le misure che ogni singolo allevatore può adottare per difendere dal virus la propria azienda? Queste le informazioni-chiave evidenziate oggi, nel corso di un webinar organizzato dall’Izsler di Brescia.
Azioni alle frontiere
Giovanni Filippini della DG Salute animale del Ministero della Salute è stato chiarissimo: a seguito delle notifiche, sono state immediatamente bloccate le importazioni di animali vivi e di prodotti/sottoprodotti di origine animale provenienti dalle zone di sorveglianza istituite a norma di Regolamento Ue dalle autorità ungheresi e slovacche. Ma in Europa vale il principio della regionalizzazione, per cui l’Italia e gli altri partner comunitari sono comunque tenuti a tenere aperte le proprie frontiere alle importazioni provenienti dal resto del territorio ungherese e slovacco. Di qui le azioni disposte dal nostro Ministero della Salute ai valichi di frontiera di Gorizia e di Trieste, effettuate in collaborazione con personale dell’Esercito Italiano: lavaggio e disinfezione di tutti i mezzi provenienti da Ungheria e Slovacchia (quelli dall’Austria vengono già disinfettati in partenza), con attività cliniche e diagnostiche (test sierologici) sui capi trasportati. Qualora dette verifiche vengano superate, gli animali devono essere inviati direttamente a destinazione, senza passare dalle stalle di sosta.
Occhio a chi entra
Quanto alle misure preventive attivabili dal singolo allevatore, i suggerimenti offerti sono stati quelli di evitare di introdurre animali vivi da Slovacchia e Ungheria, ma anche dalla vicina Austria, e di applicare fin da subito le misure di biosicurezza esterna, ovvero:
- limitare il più possibile l’ingresso in azienda di animali vivi e solo se provenienti da fonti note;
- stabulare gli animali in ingresso nelle apposite aree di quarantena, separate dal resto dell’allevamento, e monitorarne le condizioni di salute. In caso di sospetto è opportuno chiamare immediatamente il veterinario aziendale (per conoscere i sintomi dell’afta, che nei bovini, a differenza degli ovini, si rendono chiaramente visibili, è bene fare riferimento al manuale operativo del Cerves di Brescia: https://www.izsler.it/cerves/malattie-vescicolari/afta-epizootica/afta-epizootica-moduli-e-manuali/);
- consentire gli accessi da un’unica entrata e “gestire” la movimentazione dei veicoli in ingresso, ovvero: procedere al riconoscimento degli automezzi, effettuare la pulizia/disinfezione prima dell’ingresso, limitare il numero di accessi degli automezzi che non entrano quotidianamente (es. camion dei vitelli).