I doni della Dea Mefite

di Iris Malacarne e Serena Soffiantini

Viaggio gourmet in Irpinia, tra realtà e leggenda, alla scoperta di un prodotto unico come il pecorino di Carmasciano

Siamo in piena Irpinia, nel cuore della provincia di Avellino, fra Rocca San Felice, Sant’Angelo dei Lombardi, Guardia dei Lombardi, Frigento e Villamàina. Qui – e solo qui – viene prodotto il Pecorino Carmasciano, formaggio “Pat” (Prodotto agroalimentare tradizionale), i cui segreti ci sono stati svelati dall’Azienda Agricola D’Apolito.

Il gregge esce al pascolo durante il giorno; l’azienda D’Apolito alleva ovini di razza Laticauda e Lacaune

Il richiamo del lupo

Giuseppe Moscillo è un giovane, riflessivo ed intraprendente imprenditore, che ha fatto un’esperienza all’estero durante gli studi, ma che ha deciso di rispondere al richiamo della sua Terra e della tradizione tornando in questi luoghi. Sì, perché l’Irpinia ha il magnetismo che hanno solo i posti dove connessione con natura, storia e leggenda si mescolano in modo irreversibile.

Siamo in quella che un tempo abitava il popolo sannita degli Irpini, il cui nome sembra derivare da un termine osco che significa “lupo”. Questo già rimanda ad una certa simbologia legata alla selvaticità, alla forza dell’istinto e, allo stesso tempo, al sacro. Ma come vedremo non è finita qui.

Ogni categoria di animali ha una stabulazione dedicata

Metro zero

L’azienda D’Apolito era già attiva intorno alla metà del secolo scorso, quando i nonni di Giuseppe allevavano bovini e pecore. Negli anni Ottanta, su intuizione dei suoi genitori, le energie vengono concentrate sui soli ovini e viene avviata anche l’attività di trasformazione. Nel 2009 Giuseppe prende il testimone direttamente dalle mani della madre, ed oggi continua l’attività con l’aiuto del padre Grazio e della sorella Angela. Grazio supporta Giuseppe soprattutto nei lavori agronomici ed in stalla, dove oggi vengono allevati circa 400 capi di razza Laticauda e Lacaune, con rimonta interna.

L’azienda ha intrapreso un progressivo ammodernamento ed è dotata di una distinta struttura di stabulazione per ogni fase di allevamento. Gli animali hanno accesso ai pascoli circostanti a partire da febbraio fino ad ottobre di ogni anno. La mungitura avviene due volte al giorno in una sala a 12 poste. Giuseppe ci tiene a far notare che l’assetto agronomico fa sì che i foraggi ed i cereali utilizzati siano quasi totalmente autoprodotti. L’azienda D’Apolito vanta più di 10 ettari di terreni recintati ad uso di pascolo, interamente di proprietà. Le essenze che vengono seminate per la fienagione (70%) sono sulla e trifoglio; sul fronte dei cereali (30%) vengono scelti orzo e avena. Per la cronaca, viene utilizzato solo concime organico aziendale (letame) e non viene fatto uso di pesticidi, diserbanti o anticrittogamici.

A sinistra e in alto, Giuseppe nel suo ambiente naturale, il caseificio e la stagionatura. In basso a destra, Grazio e Giuseppe Moscillo insieme a Partrick e Clara Salerno della Cooperativa Terra Mater

Testa, mani e cuore

Nell’azienda vi è anche un caseificio piccolo, quanto attrezzatissimo, indiscusso regno di Giuseppe. È il suo ambiente naturale, dove teoria e pratica si mescolano, dove lui ha modo di ragionare sui processi chimico-fisici legati alla caseificazione che tanto lo affasciano per poi mettere letteralmente le mani in pasta e dar vita ad ogni suo singolo prodotto.

Nel caseificio vengono mediamente lavorati, a giornate alterne, 10 quintali di latte la settimana, durante tutto l’anno. L’indiscutibilmente re della produzione è il Pecorino Carmasciano, prodotto a latte crudo che viene riscaldato a 37-38° e cagliato. Il coagulo che si forma viene rotto alla grandezza di chicchi di riso con la lira. A questo punto viene messo nelle fuscelle, pressato a mano e lasciato sgrondare in vasca di stufatura a temperatura controllata (circa 40°C, per 3 ore). Il giorno seguente viene salato a secco e da qui in poi iniziano le fasi di asciugatura e stagionatura, tipicamente su tavole di legno.

In alto, scorcio irpino. In basso, la sala degustazione è stata affrescata con temi che rendono omaggio alla storia irpina, fatta di terremoti, distruzioni e coraggiose rinascite dalle rovine.

Tempo e aromi

La stagionatura minima è di 90 giorni, ma può superare anche i 12 mesi. Colore, profumo e sapore del Carmasciano evolvono armoniosamente, ma con decisione durante questo periodo, dando vita a prodotti con caratteristiche ben distinte.

Si parte con il Carmasciano fresco (minimo 3 mesi) con un tipico colore paglierino, caratterizzato da aromi acerbi e lievemente acidi, ed un sapore delicato con una struttura molto stuzzicante. Si passa poi alle stagionature intermedie (6-10 mesi), durante le quali il prodotto viene posto a temperature ed umidità differenti e periodicamente trattato con olio extravergine di oliva e rivoltato. A questo punto il colore vira dal giallo al marroncino, il profumo diventa più marcatamente maturo, con sfumature di burro e nocciola, assente ormai ogni traccia di acidità. Il sapore è via via sempre più deciso, burroso, con sentori di mandorla tostata e diventa ben percepibile la nota amarognola, detta “mefitica”, tipica del Carmasciano. Questa stessa sfumatura caratterizza in modo inconfondibile le stagionature che superano l’anno, nelle quali l’esplosione di aromi e sapori racchiusi in una cornice burrosa termina proprio con questa peculiare nota mefitica.

IN alto, Il paesaggio irpino è variegato, con pascoli che si alternano a boschi e forteti. In basso, le mefite sono un complesso di laghetti sulfurei dove ribollono gas provenienti dal sottosuolo

Le mefite

Questa sfumatura decisa deriva proprio dalle cosiddette Mefite, che sono un fenomeno naturale, di origine sulfurea, presenti in questa area dell’Irpinia, a pochi chilometri in linea d’aria dall’azienda D’Apolito, dove è possibile vedere il ribollire di gas che affiorano dal sottosuolo. Le esalazioni delle mefite si diffondono nell’aria ed i terreni della zona sono ricchi di composti dello zolfo, con il risultato che pascoli e foraggi locali concentrano queste sostanze, che vengono poi a ritrovarsi nel latte e nei formaggi prodotti localmente. E qui torniamo alla dimensione del mito, perché Mefite era anche una divinità italica, legata all’acqua, alla fertilità dei campi e alla fecondità femminile, di cui il fenomeno naturale che abbiamo appena descritto veniva visto come una potente e temibile manifestazione. Sì, perché qui la Terra sa essere terribile, ma al tempo stesso offre doni del tutto fuori dal comune, proprio come le persone che la abitano e ne incarnano l’unicità. Difficile non innamorarsene.

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