Il caseificio agricolo diventa mobile

Polivalente a doppio fondo per il riscaldamento del latte a vapore o con acqua calda

Tecnologia

Il caseificio agricolo diventa mobile

Un crescente numero di allevatori-casari sta passando a questa nuova tipologia di struttura, dotata di elevatissima praticità e dai costi gestionali contenuti

Un caseificio super-compatto, provvisto del minimo essenziale per produrre formaggi e latticini in condizioni ineccepibili dal punto di vista igienico-sanitario, ma soprattutto in grado di essere caricato su mezzo ruotato e trasportato ovunque. È questa l’idea di fondo del caseificio mobile, una tipologia che grazie alla disponibilità dei primi modelli commerciali (molto spesso in versione “container”), si sta progressivamente diffondendo soprattutto tra gli allevatori che hanno già scelto la strada della filiera corta e che magari hanno alle spalle un’esperienza con un caseificio aziendale “fisso”, ricavato da un locale interno alla propria cascina.
“Il grande vantaggio dei caseifici mobili – premette Giorgio Giraffa del Crea di Lodi – è che sono strutture più facili e meno costose da gestire rispetto a un caseificio interno all’azienda agricola, dove l’incostanza qualitativa e i problemi igienico-sanitari sono spesso dietro l’angolo e comportano la necessità di costosi correttivi. In più i caseifici mobili sono strutture molto pratiche, ad esempio per tutti coloro che in estate trasferiscono mandrie e greggi in malga, e che possono così lavorare il latte direttamente in loco anziché portarlo a valle per la trasformazione. E sono strutture ideali per poter realizzare il doppio turno di lavorazione, da effettuare nello stesso luogo ma con il latte di due aziende agricole, oppure addirittura in due località diverse”.

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I modelli commerciali sviluppati a partire dai primi prototipi sperimentali privilegiano la versione “container”
 

Dotazione minima

Ovviamente la prerogativa comune di questa nuova tipologia di mini-caseificio artigianale è l’essenzialità: “Sostanzialmente – continua infatti il nostro interlocutore – il caseificio mobile è dotato di tre elementi: primo, la vasca di trasformazione a doppio fondo per il riscaldamento del latte a vapore o con acqua calda. La vasca, che solitamente ha capienza compresa tra i 100-150 fino ai 600 litri e che viene generalmente collocata su una piattaforma rialzata a circa 25 cm dal terreno, è provvista di bocchettone di uscita della cagliata e può essere più o meno accessoriata, ad esempio con l’agitatore a motore. Secondo elemento, il generatore di vapore, ovviamente compatto e con centralina di controllo per l’impostazione delle temperature dell’acqua. Terzo e ultimo elemento imprescindibile è il tavolo spersorio di metallo, dotato di intercapedine per il passaggio dell’acqua calda. In questo modo esso verrà utilizzato non soltanto per la formatura e per lo sgrondo del siero, ma anche per la cosiddetta stufatura, e per il rivoltamento delle forme. Naturalmente l’allevatore-casaro provvederà a integrare questi tre elementi con gli utensili in uso in qualsiasi caseificio (stampi, lira, ecc.), e con la cantina o al limite la cella, per la maturazione dei formaggi”.
Idem per ciò che riguarda lo spazio adibito alla vendita: il formaggio prodotto nel caseificio mobile verrà venduto nel locale allestito all’interno della malga o della propria azienda, oppure nello spaccio di un collega.
“Quello che mi preme sottolineare – aggiunge Giraffa – è che secondo la nostra esperienza, grazie a questo nuova tipologia di caseificio, può essere prodotta qualunque tipologia di formaggio, da una semplice e comunissima crescenza, a un formaggio tipico e magari poco conosciuto dal consumatore. Lì la decisione spetta al singolo imprenditore agricolo, che sceglierà quale strategia adottare in base alle proprie possibilità e soprattutto al contesto in cui opera”.

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Interno di un altro modello commerciale di caseificio mobile in versione container

 

Investimento e requisiti

Come presumibile, se si parte da zero l’investimento iniziale non è irrisorio: “Occorre preventivare – osserva a questo proposito il ricercatore del Crea – una spesa di 12-35mila euro per una caldaia tra i 300 e i 600 litri di capienza, circa 1.000-1.500 euro per il tavolo spersorio, altri 1.000-1.500 euro per gli utensili e il materiale per le analisi di laboratorio, e ancora circa 1.000 euro per i ripiani su cui poggiare le forme. E poi bisogna eventualmente acquistare la cella di maturazione, che può costare tra i 5 e i 10mila euro. Per cui l’investimento iniziale oscilla tra i 20 e i 50mila euro, ma poi le spese gestionali saranno contenute”.
Senza dimenticarsi che prima di mettere le mani nel latte, occorre sincerarsi di avere i necessari requisiti: “Dal punto di vista tecnico, per essere operativi basta l’allacciamento dell’acqua, dell’elettricità e del gas. Quanto ai permessi, quello comunale non è contemplato qualora la commercializzazione dei formaggi avvenga all’interno della propria azienda agricola, ma in tutti gli altri casi è indispensabile, così come è necessaria l’iscrizione alla locale Camera di Commercio. Il permesso dell’autorità sanitaria è altrettanto obbligatorio, e una volta avviata la produzione sarà lo stesso allevatore-casaro a dover realizzare le verifiche igienico-sanitarie in regime di autocontrollo”. 

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Interno di un altro modello commerciale di caseificio mobile in versione container
 

Dimostrazioni pratiche

“Miniaturizzazione e semplificazione di linee di trasformazione per piccole produzioni agroalimentari e impiego di energie rinnovabili”: questo il titolo per esteso del progetto, realizzato dal Crea di Lodi nel quadriennio 2009-2013 e finanziato dall’allora Mipaaf, che aveva l’obiettivo di incentivare la pratica della trasformazione aziendale di modiche quantità di latte o di prodotti ortofrutticoli all’interno delle numerose, piccole aziende agricole e zootecniche che popolano le aree “marginali” del nostro Paese.
In questo contesto, lo sviluppo di mini-impianti di trasformazione a basso costo, acquistabili da piccoli consorzi di agricoltori, e soprattutto itineranti, con i quali poter realizzare anche lavorazioni a domicilio, avrebbe potuto avere un grande successo. “In realtà – osserva Giorgio Giraffa – i primi prototipi di caseificio mobile sviluppati nel quadro del progetto Mieri e i successivi modelli commerciali hanno piuttosto offerto l’opportunità al singolo allevatore-casaro di sostituire il classico caseificio aziendale con quello mobile. Oggi – aggiunge il ricercatore del Crea di Lodi – a distanza di 7 anni dalla conclusione del progetto Mieri, i nostri “Focus group” hanno appurato che in questo senso l’interesse nei confronti dei caseifici mobili è in continua crescita. Da parte nostra cerchiamo di mantenerlo alto attraverso le giornate on farm, durante le quali realizziamo dimostrazioni pratiche di trasformazione del latte attraverso il prototipo di caseificio mobile messo a punto nel quadro del progetto Mieri”.
Per quanti fossero interessati, il programma delle giornate on farm viene pubblicato sul sito del Crea di Lodi (http://centroflc.entecra.it).