Gli aborti? Subito in laboratorio

Neospora, virus BVD e Coxiella burnetii ai vertici della classifica degli agenti abortigeni del bovino

Salute animale

Gli aborti? Subito in laboratorio

Solo con l’analisi del feto, della placenta e del siero materno si può risalire alla causa e prevenire gli episodi. Lo ricorda la Società italiana di buiatria

Nelle nostre stalle da latte o negli allevamenti da carne in linea vacca-vitello, l’aborto è un evento critico, in primis dal punto di vista economico, in grado di vanificare gli sforzi compiuti dall’allevatore per migliorare l’efficienza riproduttiva della mandria. In questi frangenti è fondamentale conferire al laboratorio d’analisi la carcassa o gli organi del feto abortito e la placenta, nonchè un campione di siero prelevato dalla bovina, per fare quanto possibile per risalire alla causa dell’aborto e prevenire nuovi episodi. Questo l’appello lanciato in occasione del Corso di formazione sugli aborti nella specie bovina organizzato dalla S.I.B. (Società italiana di buiatria) e tenutosi nello scorso mese di aprile in occasione di tre differenti webinar live fruiti “a distanza” da oltre un centinaio di veterinari.

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Di fronte a una diagnosi di aborto da Neospora spp. è opportuno sottoporre ad esame sierologico l’intero effettivo di fattrici per avere un quadro della diffusione del patogeno all’interno della mandria
 

Cause infettive

Purtroppo non è sempre facile formulare una diagnosi precisa: nella specie bovina l’aborto è causato da una pletora di cause infettive (protozoarie, batteriche, virali e micotiche) e non infettive (genetiche, ormonali, tossiche, ambientali, ecc.) e mediamente solo in un caso su tre il laboratorio di analisi riesce a ricondurre la perdita di gravidanza a un agente infettivo.
È quanto ha precisato il presidente della S.I.B. Eliana Schiavon nel presentare i risultati del piano di monitoraggio degli aborti bovini realizzato e tuttora in corso in Veneto.
Si tratta di una delle poche indagini epidemiologiche disponibili a livello nazionale, ma tra queste è certamente la più aggiornata. Ebbene, sul campione di 4.562 feti conferiti all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie dal 2006 a oggi, a guidare la classifica degli agenti abortigeni più frequentemente isolati è Neospora spp., protozoo individuato nel 25% dei feti analizzati, seguito dal virus della BVD (5,4%), e da Coxiella burnetii (5,2%). Più sporadico o addirittura raro l’isolamento di altri agenti infettivi batterici (Chlamydia spp., Salmonella, Listeria, Leptospira), virali (Herpesvirus 1 e 4, Schmallenbergvirus) e micotici (Aspergillus spp. e altri miceti).
Di qui le approfondite relazioni dedicate nel corso dei tre webinar al controllo degli agenti eziologici della Neosporosi, della BVD e della Febbre Q, malattie che come noto pongono problemi di natura diversa, prettamente zootecnica o anche di sanità pubblica, come nel caso della Febbre Q.

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Nell’infezione cronica da BVD il virus viene albergato dai leucociti
 

Un freno alla Neospora

Di fronte a una diagnosi di aborto da Neospora spp. – è stato detto nel corso dei webinar S.I.B. – è opportuno sottoporre ad esame sierologico l’intero effettivo di fattrici per avere un quadro della diffusione del patogeno all’interno della mandria. Di qui, in mancanza di presidi vaccinali o terapeutici disponibili contro il protozoo, il veterinario aziendale valuterà insieme all’allevatore l’opportunità di optare per una delle diverse strategie di gestione dei soggetti positivi e delle loro progenie (presumibilmente infette). Strategie che spaziano dal “do nothing” ad altre soluzioni: vendita delle vitelle nate dalle fattrici positive; test sierologico esteso alle manze con vendita dei soggetti positivi; fecondazione delle bovine positive con seme da carne (nell’incrocio il rischio aborto è limitato); uso delle vacche positive di buon livello genetico come donatrici di embrioni (non c’è trasmissione del protozoo per via transovarica). Ma siccome il ciclo di trasmissione verticale di questi protozoi (se ne conoscono diversi ceppi) viene alimentato per via orizzontale dall’ingestione delle oocisti da parte del bovino, è anche utile adottare alcune misure di profilassi nei confronti del cane, ospite definitivo del protozoo. E dunque: impedire che il cane abbia accesso all’area parto e ingerisca le placente; evitare la nascita delle cucciolate in azienda; stoccare il più possibile gli alimenti in magazzini inaccessibili al cane; evitare la presenza in allevamento di più cani e l’accesso di cani vaganti, ecc. Utile anche il risanamento dal virus BVD, che da agente immunodepressivo può fungere da apri-porta all’aborto da Neospora.

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Attraverso l’ecografia il buiatra riesce anche a stabilire se la gravidanza presenta canoni fisiologici o patologici, e se ha probabilità di essere portata a termine o meno
 

Lotta alla BVD

E a proposito di virus BVD, è stato innanzitutto ricordato come questo agente di “malattia riproduttiva” abbia la peculiarità di impattare su tutte le fasi clou della riproduzione bovina a partire dalla follicologenesi, passando per lo sviluppo embrionale fino alla crescita del feto.
Attualmente si riconoscono tre tipologie di infezioni da BVDV, diverse dal punto di vista patogenetico e con diverso rilievo epidemiologico:
• l’infezione “transitoria”: è caratterizzata da una viremia di circa 2 settimane (ma ci sono i soggetti che rimangono viremici ed eliminatori anche più a lungo) e da una produzione anticorpale che raggiunge il suo picco dopo 3 settimane dall’infezione (si tratta di anticorpi di lunga durata, ma non protettivi ad vitam);
• l’infezione “persistente”, contratta dal feto tra il secondo e il quarto mese di gestazione. Il vitello che verrà alla luce sarà privo di anticorpi (immunotollerante), ma albergherà ed eliminerà copiosamente il virus, rivestendo un ruolo di primaria importanza nella diffusione dell’infezione all’interno della mandria;
• l’infezione “cronica”: in questo caso il virus è attivo in ovaie o testicoli, ma più comunemente nel circolo ematico. Qui saranno i leucociti ad ospitare il virus, ma ci saranno anche gli anticorpi. Di qui l’invito a ricercare il virus anche nei soggetti che presentano elevati titoli anticorpali.
 

Clamidiosi, domina l’incertezza

Il piano di monitoraggio veneto dimostra infine che una minoranza di aborti tardivi, oscillante tra il 0 e il 7% a seconda delle annate (media 0,9%), è provocata da Chlamydia spp., una famiglia di patogeni a cui si attribuisce anche un ruolo zoonotico (zoonosi “minori”). Nella specie bovina l’aborto da Chlamydia è l’esito solitamente di co-infezioni, che in Italia vedono come protagoniste Chl. pecorum, Chl. psittaci, Chl. abortus e Chl. suis. A quanto emerso dalle indagini biomolecolari, nei focolai veneti le specie responsabili sono risultate essere Chl. pecorum e Chl. psittaci, piuttosto diffuse tra le fattrici.
Oltre all’aborto, questi due patogeni possono provocare anche endometriti, e nel caso di Chl. pecorum anche vaginiti mucopurulente transitorie. Purtroppo non ci sono certezze sulla via di ingresso di questi patogeni in allevamento (seme infetto? embrioni infetti?); improbabile ma non da escludere un ruolo dei piccioni, che sono serbatoi della sola Chl. psittaci e per altro di un sierotipo differente da quello ritrovato nel bovino. Altrettanto incerta è l’efficacia degli strumenti di controllo al momento disponibili: c’è un vaccino registrato anche per il bovino, ma contro la sola Chl. abortus
 

Perdite precoci

Nel corso dei webinar S.I.B. i veterinari hanno anche esplorato le perdite di gravidanza provocate da cause non infettive, e in particolare quelle dovute a cause genetiche e ormonali. La buona notizia è che oggi è possibile intervenire con efficacia su entrambi i fronti.
Attraverso i test genomici attualmente disponibili è infatti possibile individuare i riproduttori che sono portatori di alcuni aplotipi sfavorevoli (oltre a Brachispina, CVM e Dumps, nella razza Holstein sono noti anche gli aplotipi HH, a trasmissione mendeliana e predisponenti alla morte embrionale e all’aborto) e quindi realizzare piani di accoppiamento mirati, oppure è possibile selezionare le fattrici in base a indici genomici specifici, attestanti una innata resistenza alle perdite di gravidanza. Parallelamente, per quanto riguarda la prevenzione delle mancate gravidanze e delle perdite embrionali riconducibili alla carenza di progesterone, i veterinari dispongono di specifici protocolli ormonali, che se applicati metodicamente sono in grado di migliorare i tassi di concepimento aziendali.
La moderna tecnologia corre in supporto al veterinario anche sul fronte diagnostico: come hanno ampiamente documentato i consiglieri S.I.B. Stefano Allodi e Roberto Landriscina, il ricorso all’ecografia permette infatti al buiatra non soltanto di diagnosticare la gravidanza o la perdita dell’embrione, ma anche di stabilire se la gravidanza presenta canoni fisiologici o patologici, e se ha probabilità di essere portata a termine o meno. Un esempio eloquente è fornito dalla gravidanza gemellare, che nella specie bovina comporta, come noto, un elevato rischio di aborto: in base al quadro ecografico acquisito, il buiatra potrà esprimere una prognosi circostanziata.