A effetto “domino” sulle generazioni future

Gestione mandria

A effetto “domino” sulle generazioni future

Se non opportunamente contrastato, lo stress da caldo produce danni anche alle figlie e alle nipoti delle vacche che ne hanno direttamente sofferto. Lo conferma un recente studio pluriennale condotto dall'Università della Florida

Tra le molte certezze del settore della produzione del latte vi è, purtroppo, la consapevolezza che lo stress da caldo è destinato a divenire sempre più un problema presente e ricorrente. I cambiamenti climatici sono sotto l’occhio di tutti ed è previsto un costante aumento delle temperature medie nei prossimi anni. Nella realtà italiana questo si tradurrà in estati non solo più calde, ma spesso anticipate e molto prolungate. Non andranno poi dimenticate nel corso delle stessa stagione le oramai sempre più frequenti ondate di caldo in cui temperatura e umidità si alzano in modo improvviso. 

In media gli aumenti previsti sono solo di alcuni gradi, ma sebbene tali variazioni potrebbero sembrarci minime, esse rappresentano una grandissima sfida per le nostre bovine. Le lattifere, infatti, sono animali che ben sopportano le temperature temperate fredde, ma che poco si adattano ai climi caldi e soprattutto caldo umidi. Fortunatamente, l’attenzione alle conseguenze dello stress da caldo è sempre più presente e stiamo imparando a considerare anche gli effetti a lungo termine sulle performance di allevamento di tale situazione ambientale. 

La longevità delle lattifere e la produttività delle future manze sono fattori da cui non si può prescindere oggigiorno se si vuole mantenere un bilancio economico positivo nel moderno allevamento. 

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Bagnare la mandria funziona solo se si dispone di una adeguata ventilazione che permette di far evaporare l’acqua dal mantello degli animali

 

Dove tutto ha inizio

Quando ci si riferisce allo stress termico, la domanda reale non è mai se quest’anno i nostri animali ne soffriranno, ma quando le nostre bovine cominceranno a soffrirne. Si tratta infatti di un’unione tra temperatura e umidità che si combinano fra di loro, esercitando un effetto sinergico negativo sulle bovine da latte. Il termine tecnico che individua tale combinazione è il THI. Il numero critico per tale THI è 68 e quando i valori lo superano iniziano i problemi. Tale indice non è difficile da raggiungere e può realizzarsi per esempio con umidità che variano tra il 50% e l’80% e temperature che oscillino tra i 22 e i 31 gradi. In sostanza, l’umidità potenzia gli effetti della temperature soprattutto nei mesi da giugno a settembre poiché essa diminuisce le capacità evaporative degli animali. Al di là dei numeri e dei valori di THI, sono le stesse bovine a comunicarci che si trovano in condizioni di stress termico: respirazione accelerata, salivazione eccessiva, fame d’aria con respirazione a bocca aperta. A questi segni evidenti si associano anche variazioni comportamentali, come per esempio un aumento del tempo in stazione a sfavore del periodo di riposo, riduzione dell’ingestione e diminuzione della produzione

 

Essere pro-attivi 

Con un nemico così insidioso e pericoloso non vi è spazio per l’attesa: si deve agire ed agire in modo deciso. Esistono varie strategie per controbilanciare, almeno in parte, tale problematica. Le principali azioni sono riportate in tabella 1.

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Lo stress da caldo procura effetti negativi a breve e a lungo termine. Se gli effetti a breve e medio termine sono oramai noti (perdita di latte, diminuita di fertilità, aumento delle patologie) recentemente sono emersi nuovi studi che hanno mostrato come gli effetti del caldo si ripercuotano su più di una generazione. In un recente studio (Laporta et al., 2020) condotto all’Università della Florida sono stati analizzati i dati produttivi e riproduttivi di diverse aziende, raccolti in un arco temporale di 10 anni per verificare se l’ipertermia delle madri durante l’ultima parte della gestazione potesse peggiorare le performance delle future manze. I dati sono stati divisi in gruppi a seconda che le madri fossero raffreddate in modo attivo ed intenso (ombreggiamento, ventilatori e “spruzzini” per bagnare gli animali) o non lo fossero (solo ombreggiamento). La raccolta dati è poi continuata nelle successive figlie (156 animali di cui 77 nate da madri raffrescate e 79 solo con ombreggiatura). Sono state poi seguite le nipoti (45 animali di cui 24 nate da madri raffrescate e 21 solo con ombreggiatura). Sono stati raccolti i dati di fertilità, i dati produttivi per 3 lattazioni sia delle figlie che delle nipoti. 

Le figlie delle bovine sottoposte a solo ombreggiamento producevano 2,2, 2,3 e ben 6,5 litri in meno nella prima, seconda e terza lattazione rispetto alle figlie nate da bovine raffrescate. Anche la longevità veniva danneggiata con una riduzione di parecchi mesi rispetto al gruppo raffrescato. Le nipoti nate da madre con solo ombreggiatura producevano 1,3 litri in meno rispetto alle nipoti nate da madri raffrescate anche se la loro longevità rimaneva simile. 

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La ricerca sottolinea quanto sia importante investire nel periodo di asciutta non solo per i risultati sulle vacche prossime al parto, ma anche per la programmazione produttiva delle vitelle

 

“Programmazione” produttiva

Complessivamente i risultati di questa recente prova dimostrano come lo stress quando colpisce gli animali a fine gestazione non solo determina effetti sulle bovine che lo subiscono, ma ha un effetto domino negativo sulle performance e sulla longevità almeno per due generazioni. Questo studio dimostra ancora una volta e con una prospettiva del tutto particolare che prende in esame la tipologia di raffrescamento, quanto sia importante investire nel periodo di asciutta non solo per i risultati immediati, ma anche per la programmazione produttiva dei futuri animali.

 

A cura di Andrea Roberti